Grusol: Fabio Ragaini

– Fabio Ragani e Grusol. Come definiresti, oggi, Grusol alla luce della sua lunga esperienza di attività?

Con modalità diverse il Gruppo Solidarietà, che ha oltrepassato i 40 anni di attività, ha cercato di legare il rapporto con le persone con attività di promozione e tutela. Direi che questo rimane il nostro orizzonte. La riflessione, http://www.grusol.it/apriInformazioniN.asp?id=2127, che abbiamo promosso in occasione nelle nostre trentennale, credo, rimanga per noi attuale

– Il vostro Centro di Documentazione ha modificato nel tempo di internet la sua mission?

E’ una realtà cambiata in maniera significativa. Il materiale presente è indicizzato e consultabile gratuitamente nel nostro sito, http://www.grusol.it/bd/index.asp. Abbiamo cercato inoltre di potenziare la proposta bibliografica, attraverso schede di approfondimento nel nostro sito http://www.grusol.it/schedeapprofondimentoN.asp. A questo si aggiunge la parte di documentazione sulle politiche sociali, http://www.grusol.it/informazioniN.asp?m=5, che nei fatti, rappresenta un’estensione dei contenuti e materiali del Centro documentazione.

– Volontariato e formazione. In che rapporto sono rispetto al nostro territorio di riferimento?

La formazione permanente è necessaria in ogni settore. Per il volontariato è importante che si traduca anche in una capacità di lettura dei fenomeni in atto. Poi nello specifico delle peculiarità di ciascuna associazione cercare di avere la capacità di contestualizzare il proprio lavoro. Non perdendo l’abitudine di chiederci se quello che facciamo migliora non solo la qualità di vita della singola persona ma produce più attenzione, più solidarietà e soprattutto più giustizia sociale.

– E ancora: che tipo di relazione esiste secondo il vostro punto di vista tra volontariato ed istituzioni politiche e socio sanitarie?

Un volontariato adulto non può non avere rapporto con le istituzioni. A meno che non si ritenga parte della società. Le Istituzioni hanno responsabilità che non sono delegabili ed un volontariato attento alle esigenze delle persone è importate che se lo ricordi e lo ricordi.

– Grusol e l’associazionismo: esiste una logica di rete tra le diverse realtà rispetto al vostro lavoro e alla vostra presenza? E come si articola o non si articola?

Nel nostro lavoro, qui http://www.grusol.it/chisiamoN.asp?m=2 una sintesi, abbiamo partecipato a comitati locali e regionali. In alcuni casi con ruolo di coordinamento.  Negli ultimi anni abbiamo stabilito rapporti di collaborazione con altre organizzazioni su specifiche iniziative e attività.

– Che ruolo dovrebbe avere il volontariato nel momento presente caratterizzato dalla profondità della crisi pandemica per il Covid?

Dovrebbe continuare il lavoro con le persone, nella consapevolezza che la crisi accentua le diseguaglianze. Ancora di più è importate l’ascolto sia nella rimodulazione delle nostre attività, sia per rilanciare, quando necessario, alla comunità e alle istituzioni eventuali istanze e problemi nuovi.

– Che cosa “serve” al Terzo Settore, rispetto alla nuova legge che lo regolamenta, per diventare soggetto più significativo nella logica della sussidiarietà?

Il terzo settore è significativo nel momento in cui, a partire dal proprio lavoro con le persone, è capace di essere attore credibile intercettando esigenze, necessità, diritti non riconosciuti. Poi ogni realtà del terzo settore a partire dal suo specifico individuerà i percorsi per fare in modo che quelle esigenze si traducano in risposte.

– Vista la tua lunga e salda competenza sulle criticità rispetto alle applicazioni della legislazione socio-sanitaria nel territorio regionale, quale provvedimento realizzeresti per primo, con assoluta priorità, in questo momento?

Non penso ci sia un intervento specifico. Quanto invece una capacità di lettura delle necessità che parta dalle persone. In fondo la pandemia non ha fatto altro che amplificare problemi già presenti. Noi scontiamo un enorme deficit programmatorio regionale con la mancanza di un orizzonte di riferimento. Negli anni sono sommati problemi sia con riferimento al livello politico che quello tecnico. Ma anche il nostro mondo ha grosse responsabilità per l’incapacità di formulare proposte capaci di andare oltre lo specifico di ciascuno. In fondo chi manca di visione complessiva non chiede altro. Avere interlocutori che chiedono qualcosa per se stessi e per quello che stanno facendo. Ma, non dovrebbe sfuggire, che il prezzo di una politica che risponde in base alla forza dell’interlocutore e non alle sue ragioni, è alto e prima o poi investe tutti. Per chi vuole si possono consultare gli approfondimenti dell’Osservatorio sulle politiche sociali del Gruppo Solidarietà, http://www.grusol.it/vocesocialeN.asp, che nell’ultimo decennio ha cercato di analizzare in maniera sistematica questa parte delle politiche regionali, realizzando delle monografie a carattere biennale.

IOM: Anna Quaglieri

• Scrive ieri sul web il filosofo e psicoanalista Felice Cimatti: “Quando il distanziamento sociale diventa una virtù, allora siamo arrivati al punto di penare che la vita è spaventata dalla vita”. Che cosa ne pensa lei, dal suo punto di osservazione come presidente di una associazione come lom?
Quanto scrive il Filosofo Felice Cimatti mi trova d’accordo ma non può essere una remora anzi uno stimolo a che ciò non avvenga. Impegniamoci tutti.
• La sua associazione come fa fronte alla emergenza Covid al proprio interno e all’esterno verso le persone a cui offre i propri servizi?
Lo Iom internamente aumenta le sue energie per contrastare la pandemia anzi, ha intensificato all’esterno il supporto infermieristico per supplire ai disagi che questa comporta ai nostri Pazienti già affetti da una Patologia enormemente debilitante.
• Quali reazioni sono state scatenate dalla crisi pandemica , per come ne ha avuto riscontro lo IOM?
La crisi pandemica per noi è stata una crisi economica che stiamo affrontando con la caparbietà e l’impegno di sempre non potendoci permettere un atteggiamento diverso e mantenere le promesse fatte.
• Associazionismo, volontariato: il passaggio generazionale è una parola o una pratica, secondo lei?
Il Passaggio generazionale è importantissimo. Per quello che riguarda la mia Associazione passerò il testimone a persone che abbiano i miei stessi ideali e la serietà di comportamento
• Volontariato e istituzioni: che rapporto dovrebbe esserci e che rapporto c’è nella realtà dei fatti sul nostro territorio?
Credo fermamente nella sinergia tra associazioni ed istituzioni: senza questa non c’è crescita e non ci sono progetti realizzabili. Personalmente è un rapporto che ho sempre avuto a cuore e a cui devo grossi risultati, supporti e soddisfazioni.
• Il COvid 19 è un virus, e il virus è una “cosa” invisibile agli umani. CRede che si apra uno scenario inedito per l’umanità, ovvero un orizzonte di relazioni tra le cose e non tra le persone?
Lo scenario è già abbastanza scuro, siamo tutti ospiti su una giostra impazzita che non ci permette né di scendere né di pensare. Ma la nostra Umanità, lo spirito di sacrificio e gli ideali devono essere più forti tanto da avvicinarci sempre di più alle Persone che hanno bisogno di noi.
Anna Quaglieri

ANFASS: Antonio Massacci

    –   Il filosofo e psicoanalista Felice Cimatti, qualche giorno fa, ha scritto che “…quando il distanziamento sociale diventa una virtù, allora siamo arrivati al punto in cui la vita è spaventata dalla vita”. Un suo commento dal suo punto di vista di presidente dell’Anffas.

  Il termine –distanziamento sociale– adottato inizialmente e molto in uso tuttora, per indicare la distanza di sicurezza da tenere tra le Persone, necessario per contenere i contagi da COVID-19 è, per quanto mi riguarda, il livello espressivo più basso mai raggiunto dalla politica e dai sistemi di informazione/comunicazione e può definirsi un’oscena bestemmia e testimonia anche, l’incapacità di chi ne fa uso, di capire ciò che sta dicendo. Nella mia attività di volontario, ho sempre lavorato per eliminare il distanziamento sociale e favorire “la vicinanza sociale”. Il lavoro incessante di Anffas onlus Jesi, è mirato a far nascere, nelle menti e nei cuori, pensieri e azioni inclusivi e non esclusivi. Pensieri e azioni necessari, in una società coesa, affinchè nessuna persona sia esclusa. Certo, se il “distanziamento sociale” si considera una virtù, non siamo solo arrivati al punto in cui ” la vita è spaventata dalla vita”, ma anche al disprezzo delle vite altrui.

       – Immunità è la parola chiave di questo periodo. Immunità però è una parola che esprime il contrario di comunità. Quanto conta la corsa ad essere immuni nel mondo della disabilità che lei conosce?

         L’immunità, per persone con disabilità in generale ed intellettiva in particolare, per persone che non sempre sono in grado di rappresentare il proprio stato, la propria condizione di benessere o di malessere, sarebbe una condizione auspicabile. Una meta da raggiungere, perchè la scoperta della patologia non avvenga quando è troppo tardi per poter curare. Per evitare sofferenze che spesso non sono esternate ma comunque palesi e per questo, maggiormente devastanti. Questo tipo di immunità, quella della medicina, per noi conta molto. L’altra immunità, che spesso è impunibilità, quella della garanzia, del privilegio, dell’esenzione è da noi invisa, combattuta perchè è esclusiva e quindi escludente, divide. Non ci include, non ci accomuna.

       -La sua lunga esperienza di volontario può esprimere un punto di vista attuale sull’attuale comunità delle associazioni del nostro territorio?

        L’attuale” comunità delle associazioni” del nostro territorio, rispecchia l’attuale – comunità delle persone – del nostro territorio. Non è “comunità”, è: fredda, distaccata, un po’ invidiosa, disinteressata. Ci si trincera dietro alla mancanza di tempo, dietro alla mancanza di risorse economiche, dietro alla penuria di persone disposte a donarsi. Probabilmente tutto questo è vero ma è anche vero che si è perso di vista l’importanza della coalizione, della moltitudine. Condizioni queste, necessarie per fare massa critica. Condizioni necessarie alla crescita, al travaso delle esperienze e delle conoscenze.

      – Che rapporto dovrebbe avere il volontariato con le istituzioni?

         Credo sia sbagliato vedere le istituzioni soltanto come controparti. Certo molte volte lo sono ed è giusto che lo siano ma è anche necessario vedere le istituzioni come partner, indipendentemente da chi le rappresenta perchè noi abbiamo degli obbiettivi da perseguire e sempre di più: per cultura, per legge, per scelte non sempre condivisibili, le istituzioni abbandonano il campo mentre i bisogni crescono. Credo quindi che il rapporto debba essere, il più possibile, un rapporto di collaborazione e ricorrere al conflitto solo in casi estremi.

     –  L’ansia da Covid: come la si vive e come si cerca di contrastarla nelle famiglie che hanno persone con una disabilità?

        L’ansia da Covid è invalidante, destabilizzante ed il terrorismo mediatico, praticato con tutti i mezzi dai sistemi di informazione ne ha amplificato la portata. Se a questo si aggiungono le scelte “scellerate”, fatte dallo Stato, dalle Regione e alle volte anche dai Comuni, avremo un quadro di sofferenza e di paure assolute. Nelle famiglie con disabilità presenti, questo quadro ha tinte ancora più fosche. Pensare ad una persona con disabilità, malata, come detto in precedenza, è atroce e quindi si è cercato e si cerca di evitare qualsiasi contatto, qualsiasi tipo di rischio. Tutto questo ha fatto e fa da moltiplicatore dell’ansia. Si sono poi aggiunte a ciò, le “chiusure”, la sospensione di tutti i servizi educativi e semiresidenziali e questo ha significato, la perdita di anni di lavoro educativo e di abilitazione, spesi per elevare le autonomie e le abilità di persone altrimenti perse nell’oblio. La consapevolezza di questo è opprimente più del confinamento e non lascia speranze ma solo disperazione. Le attività da remoto sono possibili soltanto in pochissimi casi e la necessità di dare assistenza continua hanno fiaccato le famiglie oltre ogni dire. Questo è stato ed è il periodo più triste della mia attività di volontario e in molte circostanze, mi sono trovato senza risposte da dare alle tante domande che ho ricevuto. Per combattere questa situazione, noi abbiamo praticato e stiamo praticando la vicinaza, certo più parlata che fisica perchè il nostro agire è, perlopiù, da remoto. Così portiamo un po’ di sollievo.

    –  Il volontario che opera nelle associazioni del territorio, opera anche sul fronte del ricambio generazionale? C’è oppure no una senilità strutturale nell’associazionismo che lei conosce?

        Pur essendoci un mondo giovanile, direi, molto attento e sensibile, e in alcune realtà associative pienamente attivo, nella maggior parte delle associazioni e comunque nei corpi dirigenti, sicuramente c’è vecchiezza. Non saprei dire se per conservatorismo o per mancanza di fiducia. C’è anche e va detto, che le persone giovani che entrano nel mondo del volontariato, sono portate a scegliere il mondo “organizzato”, quello che da la divisa a dispetto di quel mondo che opera in trincea, che si sporca le mani. Ne escono penalizzate in particolare, quelle associazioni che vedono un “impegno di testa”: questo ci viene detto quando si chiede di spendersi sullo studio delle norme che si susseguono, specie ora, freneticamente ma che vanno studiate, perchè da esse norme vengonio i diritti e la loro esigibilità. La vita nel Terzo Settore è dura, ondivaga e anche veloce, specie in questa fase di cambiamento normativo profondo dovuto al DL 117/2017. Si, comunque, c’è senilità e vista corta perchè: 30/40/50 anni di differenza di età significano non solo mondi diversi ma anche energie diverse e velocità di pensiero e di azione inimmaginabili quando si è giunti nell’età grande.

Antonio Massacci
Anffas Jesi

“Tutela Salute Mentale Vallesina” Tito Augelli.

Tito Augelli è da sempre il motore che spinge l’attività della Associazione Tutela Mentale…Raccontaci perché e come hai iniziato questo tuo percorso nel volontariato.
Sono entrato nel mondo del volontariato nel lontano 1999, aderendo alla richiesta di un amico psicologo che aveva bisogno di una mano per costituire una associazione per la tutela della salute mentale, in favore dei soggetti disagiati e dei loro familiari. Sono stato uno dei soci fondatori e per oltre 15 anni il segretario storico della associazione: un tecnico prestato al volontariato convertito quasi subito in un volontario attivo.

Tutela Mentale: perché serve una associazione con questi obiettivi?
Perché troppo spesso i diritti in capo ai soggetti disagiati ed alle loro famiglie non vengono assicurati proprio dalle istituzioni che dovrebbero garantirli.

In un periodo di oggettivo clima sociale ansioso, quali riscontri puoi descrivere sul
territorio di riferimento della tua associazione?
Sta crescendo nella popolazione lo stigma nei confronti dei soggetti disagiati, stigma che si allarga alle famiglie con le quali i disagiati convivono.

Come hanno vissuto e vivono questo periodo le famiglie che hanno al proprio interno un disagio mentale?
In questo periodo le famiglie sopportano più di altri il peso della convivenza con un soggetto disagiato, sia sotto l’aspetto della assistenza sia sotto l’aspetto della gestione.

Che rapporto dovrebbe esserci tra le istituzioni e il volontariato come il tuo?
Dovrebbe esserci un rapporto di massima collaborazione che troppo spesso non c’è.

Va di moda parlare di solidarietà e di comunità. Tu che ne pensi in merito?
Solidarietà e comunità sono concetti bellissimi ed essenziali, ma quanti ne conoscono il significato?

Consigli alle associazioni di volontariato?
Alle associazioni di volontariato consiglio di fare rete, di fare gruppo, di non demordere mai, anche se le avversità, le incomprensioni, gli ostacoli sembrano insuperabili. Dobbiamo lottare uniti per il bene dei più fragili.

E-mail : info@tutelasalutementalevallesina.org.
PEC: tutelasalutementalevallesina@pec.host.it
Sito Web: http://www.tutelasalutementalevallesina.org.
Telefono Segreteria: 0731 202707–338 4943432
E-mail Segreteria: augellitito1944@gmail.com

Se il mondo intero pare divenuto una prigione

“Qua dentro, là fuori…”. Là dentro, qua fuori. Il contributo di Samuele Animali, del Direttivo Antigone Marche ci aiuta a completare lo sguardo sulla nostra realtà e le sue complessità in tempo di pandemia.

  • Pᴇʀᴄʜᴇ́ ᴘʀᴏᴘʀɪᴏ ɪʟ ᴄᴀʀᴄᴇʀᴇ.

Il carcere è per definizione un luogo fuori dal mondo. Eppure se vuoi capire il mondo devi andare in carcere. Proprio come gli archeologi trovano i reperti più interessanti nei cimiteri e negli immondezzai, così il carcere è, per tanti versi, la discarica della società.
Il carcere è lo specchio deformato del mondo. Le persone che lo popolano sono spogliate di ogni dignità e di ogni autonomia. Rappresenta l’anello più fragile della nostra società per quanto riguarda i diritti civili ed tra i punti di emersione principali delle tensioni che l’attraversano. Qui le cose accadono prima e producono effetti peggiori.

  • Cʜᴇ ᴄᴏsᴀ sᴜᴄᴄᴇᴅᴇ ᴄᴏɴ ɪʟ ʟᴏᴄᴋᴅᴏᴡɴ.

Nulla, verrebbe da dire. Per i detenuti il confinamento è a condizione normale. Senonché il nostro lockdown presuppone una casa “comoda”, e quindi mette maggiormente in difficoltà i senza dimora, i minori in comunità, i richiedenti asilo, e anche i detenuti. Se il mondo intero pare divenuto una prigione, le prigioni vere sono diventate inferno. Il sovraffollamento delle prigioni produce normalmente disagio, ma la preoccupazione per il Covid-19, assieme alla sospensione delle visite imposta dall’amministrazione penitenziaria (potendo far poco altro), nel mese di marzo ha innescato proteste e rivolte. Numerosi detenuti sono morti (13), in alcuni casi per cause ufficialmente ancora non definite.

  • Aɴᴛɪɢᴏɴᴇ.

Assieme alle visite è stata sospesa gioco-forza anche l’attività delle associazioni all’interno degli istituti. Antigone in particolare è un’associazione nazionale che si occupa di tutela dei diritti civili, prestando un supporto di carattere giuridico, amministrativo, sanitario. Non è necessario un gran numero di soci attivi, avere a che fare con il carcere è un’esperienza molto particolare all’inizio, occorrono una forte motivazione ed anche una preparazione specifica, che si acquisisce solo con l’esperienza o potendo contare su specifiche competenze professionali.

  • Jᴇsɪ ᴇ Vᴀʟʟᴇsɪɴᴀ.

Diversi soci di Antigone Marche abitano a Jesi e in Vallesina, anche se a Jesi non c’è più un carcere da molti anni ormai. Le strutture più vicine sono la casa di reclusione di Barcaglione e la casa circondariale di Montacuto, entrambe in Ancona. Chi non entra negli istituti si occupa dell’attività di sensibilizzazione sul territorio e nelle scuole o dell’interlocuzione con le istituzioni. Questa attività ovviamente non si è mai fermata e abbiamo lavorato via mail e in videoconferenza, cosa che già facevamo normalmente.

  • Lᴀ sɪᴛᴜᴀᴢɪᴏɴᴇ.

Tutte le strutture carcerarie marchigiane sono interessate a turno da visite a carattere ispettivo svolte nell’ambito di un progetto denominato osservatorio nazionale sulle condizioni della detenzione. Nel 2019 Antigone ha visitato 100 istituti in Italia: in quasi la metà c’erano celle senza acqua calda, in più della metà c’erano celle senza doccia. Le condizioni igienico-sanitarie sono spesso precarie, talvolta mancano prodotti per la pulizia e l’igiene. Come fai a mantenere le distanze se tre persone vivono in celle da 12 metri quadri? Il rischio si estende agli operatori: poliziotti medici, infermieri, personale civile.
Si è resa necessaria la scarcerazione anticipata di un certo numero di reclusi gravemente malati o a fine pena, in genere sostituendo la reclusione con modalità di detenzione domiciliare. I Tribunali hanno avuto modo di evidenziare che il diritto alla salute (art. 32 Cost.), specie quando riguarda soggetti già affetti da gravi patologie, può prevalere sull’esigenza di eseguire la pena per intero. La Costituzione (art. 27) chiarisce anche che la pena non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. In questo particolare momento si tratta anche di consentire telefonate o video-telefonate quotidiane, di fornire dpi a tutto il personale penitenziario, di garantire la sanificazione degli ambienti.

  • Dᴏᴠᴇ sᴛɪᴀᴍᴏ ᴀɴᴅᴀɴᴅᴏ.

Sono ancora troppo affollate le carceri. Nemmeno quattromila persone sono state scarcerate, in genere trasferite alla detenzione domiciliare, sulle oltre sessantunomila che c’erano a fine febbraio. Eppure queste riduzioni di pena hanno suscitato scandalo.
È che confondiamo il carcere col sistema penale e la scarcerazione con l’impunità. Mentre la pena del carcere è una pena residuale, l’ultima ratio, in un sistema in cui esistono molti tipi di pena, dalle pene pecuniarie, a quelle riparative, a varie forme di privazione della libertà di movimento…
In un carcere come quello odierno le persone di regola escono peggiore e più pericolose di come sono entrate.
Ecco, molto banalmente, il senso dell’occuparsi dei detenuti cercando di contribuire a garantire un trattamento umano e non degradante. Non perché sono tuoi concittadini, o tuoi parenti, o brave persone. Ma perché è indifferente che lo siano. La com-passione in questo caso sta nel riconoscere l’uomo nonostante tutto, là dove il rischio di non riconoscerlo è più grande perché maggiore è la distanza.
Quindi in primo luogo il rispetto è presupposto della possibilità di recuperare alla comunità le persone, e questa è la massima declinazione della sicurezza. In secondo luogo, quando mi occupo della condizione di una persona ristretta mi occupo di me stesso, perché un trattamento degradante non è tale solo per chi lo subisce, ma anche per chi lo provoca o lo permette, ogni violazione consuma un diritto di tutti e di ciascuno.

Conviene ricordare le parole della Via crucis del 10 aprile scorso, che il Papa ha fatto scrivere da persone le cui vite a vario titolo incrociano il carcere: a chi grida crocifiggilo, crocifiggilo occorre rispondere che l’unica giustizia possibile passa per la misericordia.

“Da una solidarietà emotiva a una società giusta ed equa”

Intervista a Francesco Luminari, presidente dell’associazione Tenda Di Abramo di Falconara Marittima (An), che dal 1990 si occupa dell’accoglienza di persone senza fissa dimora e di sensibilizzazione sui temi della povertà e dell’esclusione sociale.

Da quasi 2 mesi è entrato di forza nelle nostre vite il mantra\monito #iorestoacasa: vi raccontiamo questo periodo dall’osservatorio di una realtà volontaristica che opera 365 giorni l’anno al servizio dei cosiddetti invisibili, “per non arrendersi alle cose così come sono”.

  • Come è cambiato il servizio dell’Associazione Tenda di Abramo dall’entrata in vigore delle restrizioni dovute al Covid-19?

Riepilogo le “mutazioni” che l’attività associativa ha dovuto seguire per far fronte all’emergenza sanitaria cercando di mantenere contemporaneamente presidiati i principali binari che la caratterizzano: accoglienza delle persone senza dimora; stimolo e collaborazione con enti locali; cultura e promozione dell’accoglienza per il territorio. Da metà febbraio – proprio mentre eravamo, dopo mesi di preparazione, alla fase finale di organizzazione delle celebrazioni previste per il trentennale dell’Associazione, programmate per metà di marzo… – abbiamo adottato le prime precauzioni per cercare di garantire un servizio sicuro all’interno della casa di prima accoglienza in Via Flaminia, 589. 

Si è iniziato dalla riduzione del numero di volontari presenti per turno (per scelta o presa d’atto in quanto, per ovvi motivi, da fine febbraio le disponibilità a garantire la presenza diminuivano progressivamente) arrivando in breve al “blocco” dei nuovi ingressi, misura presa da tutte le case di accoglienza della regione. Successivamente si è garantita una distanza minima fra i tavoli e gli ospiti in refettorio per la cena, fino alla riduzione degli ospiti per ogni camera e la disinfezione dei locali, precauzionalmente fatta fare da una ditta esterna la mattina del 9 marzo. 

Purtroppo alla fine è risultato impossibile continuare, non riuscendo più a mantenere allo stesso tempo un livello minimo di serenità per gli ospiti e i volontari che si succedevano nei turni. Da sabato 14 marzo, l’attività quotidiana ordinaria presso la casa di accoglienza di Via Flaminia 589 è stata ”sospesa”. 

Grazie all’intuizione di alcuni consiglieri e volontari, da quella mattina l’attività associativa è continuata senza interruzione. Su canali e con modalità diverse la cura e l’accoglienza dei nostri ospiti sono proseguite. Seguendo l’idea di Giuseppe e Stefano, grazie all’impegno e all’esperienza di Chiara (la nostra operatrice del segretariato sociale) e attraverso una modalità di confronto intenso si è scelto di cercare alloggi alle 4 persone che erano in Tenda alla data della sospensione e nei giorni successivi anche ad altre persone, segnalate da associazioni e parrocchie. Arrivando così a 10 persone a cui stiamo garantendo, da settimane, un alloggio.

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Disabilità mentale: la solidarietà ai tempi del Coronavirus

Emergenza sanitaria e sociale, (continuare a) prendersi cura della fragilità, spostando lo sguardo fuori dalle strutture ospedaliere, nell’occhio del ciclone e dell’attenzione mediatica. Allarghiamo la visione su questi temi ascoltando, da noi sollecitati, dei “portatori di interesse” che vivono e operano nella nostra comunità.

Ringraziamo Tito Augelli, vice presidente dell’Associazione Tutela Salute Mentale per la Vallesina – ODV, per il suo contributo puntuale.

  • Se è vero, come sosteniamo spesso, che bisogna coltivare la solidarietà come un valore aggiunto, sempre e comunque, dall’ osservatorio della sua associazione vede realizzato questo auspicio? E come?

A seguito delle disposizioni restrittive imposte dal Governo e dalla Regione, l’attività in Sede è stata sospesa dall’11/03/2020 sino a nuove disposizioni che ne consentano la ripresa. In particolare, le famiglie con disabili mentali in casa subiscono un aggravamento della situazione familiare per la presenza continua del congiunto disabile con il quale, nella maggior parte dei casi, esiste un rapporto conflittuale che con il trascorrere del tempo prolungato di convivenza tende ancor più ad ampliarsi. In questa situazione, l’Associazione assicura la vicinanza alle famiglie ed ai disabili con i mezzi più accessibili: telefono e WhatsApp. A tutti coloro che chiamano o scrivono viene assicurato ascolto, dispensati consigli ed informazioni, ma soprattutto conforto per la situazione eccezionale che sono costretti a vivere. Il mio telefono di casa ed il cellulare, consultabili sul sito della Associazione, sono sempre raggiungibili da chiunque abbia bisogno di aiuto. Questa è la solidarietà che possiamo assicurare, al momento,  a queste persone fragili messe ancor più alla prova da questa situazione eccezionale.

  • Lo stato di emergenza sanitaria e sociale che stiamo vivendo come incide sulla realtà che tocca con mano nella sua attività di volontario?

I rischi per i disabili ospitati presso le strutture dedicate dovrebbero essere attenuati in quanto i disabili beneficiano dei servizi di assistenza assicurati da tali strutture. Quindi parliamo di disabili mentali che vivono nelle rispettive famiglie, e di queste famiglie. Per tali situazioni è concreto il rischio che taluni disabili che non comprendono la situazione né la sua gravità, escano comunque di casa, come facevano in precedenza, senza che le famiglie abbiano la capacità di opporsi, e vaghino senza il necessario controllo imposto dalla attuale situazione, con grave pericolo per la loro ed altrui salute. Analogo rischio è presente per quei disabili che non vivono in famiglia ma convivono in gruppi appartamento. 

  • Oggi come oggi che rapporto vivono le famiglie con le istituzioni?

Le famiglie sono consapevoli della gravità della situazione, ma avvertono un senso di abbandono da parte dalle istituzioni di riferimento e chiedono aiuti concreti nella gestione del proprio congiunto. Con la recente Ordinanza n. 16 del 26/03/2020 si è venuti  incontro alle necessità delle sole famiglie con disabile mentale convivente, ma solo con patologie certificate dall’autorità sanitaria dalle quali derivino problematiche comportamentali gravi, lasciando il compito di accompagnare tali disabili ad un familiare o al caregiver di riferimento. Ciò è molto positivo, ma affronta solo una criticità specifica. Per le altre famiglie permangono tutte le problematiche, aggravate dalla attuale situazione, connesse con una gestione del congiunto disabile mentale che è presente in modo continuativo perché deve restare in casa. Per queste famiglie, che sostengono un carico ancor più pesante e che chiedono aiuto,  al momento non sono noti provvedimenti. 

Jesi, 28 marzo 2020

Tito Augelli,
Vice Presidente
Ass. Tutela Salute Mentale per la Vallesina – ODV